LA CARICA ELETTRICA

Nel VII secolo a.C. venne per la prima volta osservata, o almeno ne vennero trascritte le osservazioni a riguardo, la proprietà dell’ambra, dell’ebanite e di altri materiali che, strofinati con un panno di lana, acquistano il potere di attirare corpuscoli leggeri come pagliuzze, pezzetti di carta, ecc.

Queste osservazioni rimasero inalterate fino al XVI secolo, quando W.Gilbert catalogò un vasto insieme di materiali che avevano proprietà simili.
Gilbert chiamò elettrizzati tutti quei materiali che acquistavano la proprietà di attirare i corpuscoli: avvicinando questi materiali alla carta, ad esempio, questa comincia a muoversi, evidenziando la presenza di una forza che la attira. Gilbert chiamò questa forza "elettrica" (dal termine "electron", il nome greco dell’ambra).

Dalle osservazioni svolte sui materiali elettrizzati per strofinio possiamo dedurre quanto segue:

  1. In natura esistono due tipi di materiali, quelli che si elettrizzano per strofinio e gli altri; chiameremo i primi isolanti ed i secondi conduttori.
  2. L’insieme dei materiali isolanti si divide a sua volta in due specie: quelli che si comportano come il vetro e quelli che si comportano come la bachelite.
  3. Tra due elementi elettrizzati della stessa specie, come il vetro o la bachelite, si manifesta sempre una forza che tende a farli allontanare tra loro (forza repulsiva).

  4. Tra due elementi di due specie diverse, ad esempio uno di vetro e l’altro di bachelite, si manifesta sempre una forza che tende a farli avvicinare (forza attrattiva).
  5. Una forza attrattiva si manifesta sempre quando il materiale isolante elettrizzato si avvicina al panno con cui è stato elettrizzato.

Come possiamo spiegare tutto questo?
Possiamo spiegare questi effetti supponendo che la forza elettrica si eserciti tra alcuni oggetti, che chiamiamo particelle. Non tutte le particelle risentono però della forza elettrica: quelle che ne risentono le chiameremo elettricamente cariche, le altre elettricamente neutre.
Dai fatti sperimentali si deduce che esistono due tipi di cariche elettriche, una legata all’ebanite e l’altra al vetro. Chiameremo positiva la carica che compare sulla superficie delle sostanze tipo vetro quando vengono elettrizzate, e negativa l’altra. Risulta quindi che particelle con carica dello stesso segno si respingono, mentre particelle con cariche di segno diverso si attraggono.

Come si spiega allora, che solo strofinando alcuni oggetti si elettrizzano?
Questo avviene poiché nella materia, prima dell’azione di strofinamento, ci sono tante particelle cariche negativamente, quante cariche positivamente e quindi la materia appare come neutra. Strofinando il vetro, ad esempio, alcune cariche elettriche negative gli vengono strappate e rimangono sul panno di lana. Per questo il vetro si carica positivamente e si attrae con il panno.
Questa spiegazione, che può sembrare costruita ad hoc per chiarire quanto visto, è, invece, una descrizione semplificata, ma corretta, di ciò che realmente accade.
Sappiamo infatti che la materia è formata da atomi. Questi sono composti da un numero uguale di particelle cariche negativamente (gli elettroni) e positivamente (i protoni), più un certo numero di particelle neutre, cioè prive di carica, (i neutroni). Ogni atomo è neutro, avendo un uguale numero di cariche positive e negative, ma quando viene strofinato il vetro con la lana, questa porta via alcuni elettroni, lasciandolo carico positivamente.
Nel caso della bachelite, invece, la lana rilascia alcuni elettroni caricandola quindi negativamente (gli elettroni sono molto più leggeri dei protoni e quindi possono essere portati via con molta più facilità).

Esiste un’importante legge della fisica: qualsiasi oggetto elettricamente carico possiede una carica elettrica che è multipla intera della carica dell’elettrone (segno a parte); elettrone e protone hanno carica elettrica uguale, ma di segno opposto, per questo sono necessari un ugual numero dell’uno e dell’altro per avere l’atomo elettricamente neutro.

La forza elettrica tra due cariche può essere espressa dalla legge di Coulomb, dal nome del fisico che per primo la enunciò, ricavandola dai dati sperimentali:

dove c è una costante, q1 e q2 sono le cariche, r è la distanza tra le cariche ed è la direzione della forza.
Come si vede questa forza è tanto più intensa quanto più le cariche sono vicine.
Spesso si parla di forze coulombiane invece di forze elettriche proprio in onore di Coulomb.